domenica 30 dicembre 2012

Buoni propositi 2013 in tre canzoni

Ammetto che magari è stupido, ma tirare le somme alla fine dell'anno mi ha sempre provocato un misto di attrazione e turbamento. Vista la mia grande passione per la musica, quest'anno ho deciso di associare una canzone ad ogni proposito.

1 - Cercare di non perdere tempo in situazioni, e con persone, che non lo meritano. Sentirsi meno in colpa per non poter dedicare del tempo a situazioni, e persone, che lo meritano.

2 - Cercare sempre nuovi stimoli.

3 - Cercare di non smettere mai di stupirsi di ciò che ci circonda.

lunedì 24 dicembre 2012

La camera di un telecomunicazionista filosvedese

Una delle parti migliori di questo viaggio nel Bel Paese è stata rivedere la mia vecchia camera.

Un fumetto di Amruta Patil. Tanti post-it appesi ovunque, contenenti informazioni per fare domanda alle università svedesi. Numeri di telefono per il permesso di residenza. Alcuni fogli penzolanti con annotato l'iter per poter ottenere i documenti necessari dall'università italiana in cui studiavo.

Ironia da telecomunicazionisti.



Foto di alcuni dei miei eroi.


E le regole.

1-Durante il viaggio ripassa l'intero repertorio degli Abba. 2-I cracker svedesi non fanno ingrassare, ma hanno lo stesso sapore di un mobile Ikea. 3-Anche se sai a memoria tutti i nomi della trilogia Millennium non vuol dire che parli svedese. 4-Non confondere la Svezia con la Norvegia. 5-Prima di lanciarti in apprezzamenti non richiesti ricorda che, oltre ad essere bionde, le svedesi sono tutte più alte e più forti di te. (Internazionale, 23set2011)

lunedì 17 dicembre 2012

Il sogno più lungo di sempre

Ricordo le parole di una signora snob italo-svedese ("cavo, mi puoi passave le viviste?"). Era accanto a me, e osservava attentamente una sfilza di giornaletti riguardanti i look della famiglia reale.

Ma c'è dell'altro. Tornando poco indietro, ricordo la mia valigia che faceva da spazzaneve. Trascinarla giù dalla collina era veramente faticoso. E no, non potevo usarla come un bob, come avevo immaginato.

Poche ore prima, i saluti: la cena cinese, un locale un po' sopra le righe, la festa i cui partecipanti erano in maggior parte imbucati. Gli amici che se ne andavano, quelli che rimanevano; quelli che pensavo se ne sarebbero andati per sempre, e invece torneranno.


Pochi giorni prima, esami e progetti. Le ore passate a discutere fissando una lavagna, dei grafici, o la command window di Matlab.


Mesi prima, l'inizio di un'emozionante avventura.


Oggi mi sono svegliato nel Bel Paese, stordito. Ieri ho fatto il sogno più lungo di sempre.




domenica 2 dicembre 2012

Sensualità, IELTS, "vecchie" canzoni.

Oggi vado a fare una passeggiata nella foresta vicino casa. Poiché fuori ci sono all'incirca meno otto gradi, indosso quella "sensualissima" calzamaglia che impedisce alle tue gambe di congelarsi e smettere di funzionare come farebbero a una quindicina di gradi in più.



Vedo tutta quella neve sugli alberi. Vedo quell'enorme lastra di ghiaccio lì, proprio dove fino a poco tempo prima prendevo il sole, e guardavo le navi da crociera andare in Finlandia.



È passato tantissimo tempo, e non l'avevo realizzato finora. Il mio esame orale IELTS sembra già lontanissimo. Dovevo parlare proprio di una canzone. La mia canzone, e perché mi piacesse tanto. Che fortuna, vista la mia ossessione per la musica. Nei due minuti di preparazione appuntai poche parole chiave per il mio discorso. 
"Sweden", la prima di tutte. 
"Application". 
"Hopes and Dreams". 
Partii lanciatissimo. Spiegai subito che il contenuto della canzone non c'entrava molto con i pensieri che associo ad essa, ma che mi aveva colpito per l'emozione, e l'eccitazione con cui il protagonista si butta in una nuova avventura.
Ecco a voi la canzone di cui parlai.


domenica 25 novembre 2012

La cena con gli impiegati della Ericsson

Arrivo all'Electro, uno dei pub del campus principale del KTH. All'entrata un ragazzo controlla che io sia in lista;  tutto va come deve andare,  per ora. Entro, e mi siedo ad un tavolo con i miei colleghi. Noto un proiettore, e un uomo in giacca e cravatta che gonfia il petto, poi inizia a parlare. Dopo un paio di clic sul suo laptop, parte un video di presentazione in cui le animazioni tridimensionali e la voce narrante tessono le lodi della Ericsson.

Dopo il video, un intervista ad un ragazzo che si è da poco laureato al KTH, e oggi lavora per la Ericsson. Tra le domande su quanto lui ami l'azienda, e sul cosa abbia comprato con il suo primo abbondante salario, finalmente arriva la pausa.

Dopo la pausa, la serata riprende con un'altra eccitante intervista. Infatti, viene intervistato...
Ah già, non lo so. Io sono già in tunnelbana che torno a casa. Mi aspettavo una cena con gli impiegati della Ericsson, non un talk-show caratterizzato dallo stesso fanatismo che contraddistingue l'apertura degli Apple store.

Peccato, potevo essere andato a vedere la cover band degli Swedish House Mafia - i biglietti per gli originali sono andati sold out ormai molte lune fa.


giovedì 22 novembre 2012

Chiedere aiuto

Stasera volevo scrivere qualcosa riguardo l'imparare a chiedere aiuto. Ripensavo a quando non tornava quell'esercizio sul fade margin, e mi sentivo stupido perché pensavo che tutti gli altri fossero riusciti a farlo, mentre io non avevo capito quanta potenza dovevo aggiungere per assicurare una comunicazione stabile. Purtroppo, ogni corso dura solo 6 settimane. Non c'è tempo per risolvere i problemi da soli, e bisogna chiedere aiuto immediatamente. È d'obbligo, se non vogliamo affogare.

Poi ho appreso, con grande dispiacere, della notizia di un quindicenne che si è tolto la vita, perché omosessuale. E ho pensato che a volte allo stesso modo vanno le cose nel corso della vita. Non è facile dire a se stessi che si è in una situazione di difficoltà, che sia minuscola o immensa. A volte si pensa che possiamo ignorarla e risolverla più tardi, o ancor peggio, a volte crediamo di avere davvero qualcosa di sbagliato e troviamo umiliante anche solo dirlo. Ma non c'è tempo per risolvere i problemi da soli, e bisogna chiedere aiuto immediatamente. È d'obbligo, se non vogliamo affogare.


domenica 18 novembre 2012

Ma chi è quella pazza che ulula sul palco?


La pazza in questione si chiama Malin, ed è la cantante dei Niki and the Dove, uno dei miei gruppi svedesi preferiti. Li abbiamo già definiti come il sound ideale per un' escursione solitaria nella foresta. Venerdì sera vado a vedere il loro concerto al Debaser a Medborgarplatsen - sì, ci vuole un po' di esercizio prima di poterlo pronunciare senza mordersi la lingua. Arriviamo abbastanza presto, perché voglio essere sicuro di non perdermi anche solo un minuto del concerto. Dopo un po' di attesa tra la folla di hipster, i Niki and the Dove salgono sul palco, e iniziano il loro spettacolo.

Riesci a vedere Malin?
La cantante ha un certo fascino animalesco. Ha un sacco di collane sgargianti, alcune delle quali sono direttamente collegate ai suoi polsi. Una corona di fiori dalle dimensioni spropositate si adagia sulla sua testa. Intanto che gioca con i campionatori, effetti speciali, o tamburelli, si dimena come un lupo che ulula alla luna.

Gustaf (tastiere, tamburi, e quello che gli capita sotto mano)
Gli strumenti sul palco sono sorprendenti. Un sacco di percussioni, sia analogiche che non. Tre microfoni per ottenere diversi effetti della voce. Tastiere, campionatori, e tanti effetti speciali.

Finalmente Malin(voce ed effetti speciali)

La musica trasporta in un mondo parallelo; fatto di animali, foreste, e racconti surreali. Forse a volte un po' sopra le righe, ma tutto ci sta nel mondo che creano.

martedì 13 novembre 2012

Quella volta in cui sgamai degli italiani sprovveduti-My reindeer friend


Sono in tunnelbana mentre sto chiacchierando in inglese con il mio amico dall'estremo oriente. Due italiani sprovveduti mi osservano. Vi mostro qua sotto il motivo della loro curiosità.

Il mio renna-orecchino
Italiani sprovveduti:"Ma l'hai visto quello?"
Italiani sprovveduti:"Ma che c'ha all'orecchio?"
Italiani sprovveduti:"Che roba!"
Cercavano di fare finta di guardare da qualche altra parte intanto che parlavano.

Mi giro verso di loro.
Comfort_noise:"Vi piace il mio orecchino, vero?"
Diventano bianchi come cadaveri, e dopo un po' di esitazione (chissà perché il correttore automatico del mio cellulare suggerisce la parola adorazione), rispondono.

Italiani sprovveduti:"Nono ma si diceva per dire che è particolare, che non ce l'ha nessuno! Proprio bello!"
Comfort_noise:"Grazie, è proprio quello che penso anch'io!"

Ho imparato due cose da questa storia:
(i) Vado molto fiero del mio renna-orecchino. Ma forse questo lo sapevo già!
(ii) Devo smettere di commentare a voce alta gli altri solo perché non parlano la mia lingua, altrimenti un giorno potrei ritrovarmi in una storia simile a questa, ma nel ruolo di italiano sprovveduto.

mercoledì 7 novembre 2012

Cucina cinese, Charlotte, teamwork.


In una puntata di sex and the city si può osservare lo scontro tra Charlotte, una delle protagoniste, e sua suocera, una datata signora che emana un certo odore di antica nobiltà. Nel video qua sotto potete vederla in azione durante delle compere.


La questione della disputa è l'adozione di una bambina cinese. La suocera si esprime senza mezzi termini, ma con la classe che la contraddistingue: non mi è mai piaciuta la cucina cinese.

A me, al contrario della suocera scorbutica, la cucina cinese piace. Tant'è che ho chiesto ad un collega dall'estremo oriente di lavorare con me per dei progetti. Ci siamo incontrati già diverse volte, e direi che le cose stanno andando benissimo. Vedo qualcosa di svedese in lui: è un tipo molto pacato, ed esprime le sue opinioni con assertività.


venerdì 2 novembre 2012

Anvedi 'sti svedesi tamarri?!

Urge una confessione. Fino a qualche anno fa, quel comfort_noise che si delizia con ricercate sonorità (leggasi con ironia), era uno di quelli che si definiscono romantici tamarri.

Ebbene sì, comfort_noise ascoltava tutte quelle canzoni tamarre da discoteca in cui si parla d'amore tramite frasi scontate, e una certa sensazione malinconico-catartica viene somministrata tramite suoni sintetici e bassi assordanti. Ma che ci potevo fare, non riuscivo a resistere!

E allo stesso modo non riesco a resistere oggi! La Svezia continua a punzecchiare il tamarro che c'è in me. Tutto quello che posso fare è proporre qua sotto tre pezzi di artisti svedesi che contribuiscono a tenere alto il livello di tamarraggine musicale. Il che non deve essere necessariamente un male.

(i) Come potevo non iniziare dagli Swedish House Mafia? Purtroppo non posso spendere alcuna parola su di loro, poiché la fama li precede.


(ii) Ecco Avicii, che l'anno scorso ha collaborato con Leona Lewis, con tanto di moccoli in svedese a metà del video - al chirurgo smette di funzionare lo stereo.


(iii) Concludo con un esempio di quanto ad oggi sia labile il confine tra dance e pop. Queste signorine rappresentano una delle novità dalla terra delle köttbullar. Si chiamano Icona Pop, e dicono che non hanno tempo per gli uomini, ma solo per i loro sintetizzatori.



martedì 30 ottobre 2012

Tre uomini hanno una sola gamba ma sorridono.

Qualche anno fa giocai a Pictionary con alcuni amici. Uno di loro doveva farci capire, disegnando, un detto. Appena vide la carta fece una faccia alquanto sdubbiata, facendoci comprendere che non saremmo mai riusciti a capirlo.
Poi ebbe una magnifica idea: si mise subito a disegnare. Sul foglio bianco, pian piano comparvero tre uomini stilizzati, che avevano solo una gamba, e la faccia sorridente. "Ma come, non ci arrivate?!? Il detto è mal comune, mezzo gaudio!"

Mal comune mezzo gaudio. È perfetto per descrivere la situazione dell'inglese parlato dagli studenti, e lo staff, di un master al Royal Institute of Technology, e non solo. Ognuno ha qualche difetto di pronuncia, e commette degli errori grammaticali. Molti si possono raggruppare per paese di provenienza, soprattutto se riguardano la pronuncia. Ti rendi conto che ti trovi meglio a parlare con un greco piuttosto che un cinese, e che la qualità della pronuncia è legata alla velocità con cui parli da una legge inversamente proporzionale.

Ad ogni modo, è una grandissima occasione per migliorare, ogni giorno che passa. Alcuni ti fanno capire che sbagli ripetendo la stessa frase che hai detto, con tanto di correzione, ma facendo finta che sia un intercalare. Questo è il mio metodo preferito, e lo uso anche io con gli altri. La produzione orale è probabilmente la parte più ardua di una lingua. Tutto scorre velocemente, non puoi consultare un dizionario; ma soprattutto, non puoi rimangiarti quello che hai detto.

All'inizio tutto questo mi provocava molta frustrazione. Succedeva spesso di rendermi conto di aver fatto un errore proprio alcuni secondi dopo averlo commesso, e la vergogna mi assaliva. Poi mi sono reso conto che è così per tutti, e che anche gli svedesi, per quanto parlino bene inglese, non sono completamente immuni agli errori grammaticali. Mal comune, mezzo gaudio.

domenica 28 ottobre 2012

Un'esperienza extrasensoriale (nel senso buono)

The Sound of Arrows

"Un'esperienza extrasensoriale". Sono abituato ad usare questo termine solo per denotare un esame non tanto gradevole - un po' come quando dico che "si manifesta satana". Beh, in questo caso le cose stanno diversamente. La mia esperienza extrasensoriale è stata una bella esperienza perché ieri sera sono stato a vedere dal vivo uno dei miei gruppi svedesi preferiti: i The Sound of Arrows. Sono stati la colonna sonora delle mie avventure. Di quell'anno passato tra scartoffie, litigi e tempi ristretti; intanto che sognavo di arrivare qua in Svezia. Del primo incontro ravvicinato col KTH, e della vista del tramonto alle 10:30 da un'isola nell'arcipelago di Stoccolma. Con la loro musica tutto sembra un'avventura cosmica i cui protagonisti sono rigonfi di speranze, e sentono che ce la faranno; che arriveranno dove non si aspettavano, e   scopriranno un nuovo mondo.

Vederli dal vivo è stata un'esperienza extrasensoriale, perché è stato come rivivere tutti quei trascorsi, che ora sembrano molto lontani. Il fumo artificiale, le animazioni, e il suono dei sintetizzatori mi avvolgevano. Un'unico flashback intanto che tieni il tasto forward premuto.

Il titolo di questo blog è un tributo a loro: "Into the clouds" è il loro più grande successo.




martedì 23 ottobre 2012

Dai 9 ai 99 anni.

In queste ultime settimane sto iniziando a imparare qualcosa di Svedese. Ok, confondo ancora parole apparentemente simili tra loro, e prendo fischi per fiaschi cercando di interpretare le parole che ho davanti aiutandomi con l'Inglese.

Ad ogni modo, su consiglio di alcuni svedesi DOCG ho deciso di tradurre, o per meglio dire, dare una mia interpretazione, al testo di una cantante svedese. Si chiama Laleh, ed è nata in Svezia da genitori Iraniani. Pare che non esista svedese a cui non piaccia. Adatta dai 9 ai 99 anni.

La canzone che ho scelto si chiama "Vårens första dag" (Il primo giorno di primavera). So che apparentemente non cozza molto con la stagione in corso, ma io la trovo adatta a tutte le stagioni. E poi un comico Inglese sostiene che gli Svedesi sopravvivano all'inverno sognando cosa faranno quando i ghiacci si saranno sciolti di nuovo. Forse è anche per questo che questa canzone è apprezzata così tanto.



Vårens första dag > > Il primo giorno di primavera
och jag vill va' med, > > e io voglio esserci,
och jag vill va' så med, > > voglio davvero esserci,
så att jag kan se > > in modo da potermi rendere conto
att jag är en del av allt. > > che sono una parte del tutto.

Vårens stora dag > > Il grandioso giorno di primavera
och jag vill va' med. > > e io voglio esserci.
Låt mig leva längre > > Fammi vivere più a lungo,
nu när jag kan se. > > ora che riesco a vederlo.

Kom våren, kom skratten, > > Vieni primavera, venite risate
kom tårarna om natten. > > venite lacrime nella notte.
Låt mig vara, låt mig vara > > Lascia che io sia, lascia che io sia,
litet till, jag är, > > qualcosa di più; io no,
jag är inte beredd att gå än. > > non sono pronta per andarmene.

Låt mig finnas, låt mig att finnas, > > Lasciami vivere, lasciami vivere
litet mer, jag är, > > ancora un po'; io no,
jag är inte beredd att dö än, > > non sono pronta per morire,
inte än. > > non ancora.

Nej, jag är, > > No; io no,
jag är inte beredd att gå än, > > non sono pronta per andarmene,
inte än. > > non ancora.
Nej, jag är, > > No; io no,
jag är inte beredd att gå. > > non sono pronta per andarmene.

På din stora dag > > Il tuo grande giorno,
ville jag va' med. > > io volevo esserci.
Jag bad: Låt mig leva längre. > > Chiesi: fammi vivere più a lungo.
Men genom dina ögon > > Ma dai tuoi occhi
såg jag barnen, jag såg skratten, > > vidi i bambini, vidi le risate
jag var tårarna om natten. > > fui le lacrime nella notte.
Jag såg barnen, jag såg skratten, > > vidi i bambini, vidi le risate,
jag var tårarna om natten. > > fui le lacrime nella notte.

[...]

domenica 14 ottobre 2012

I neri, l'algebra, e i saluti negati.

On air: Winding Roads,
The Sound of Arrows

Oggi stavo pensando a una citazione di una persona a me molto cara:

"I neri non devono essere per forza amici tra loro"

La persona che l'ha partorita verrà chiamata Grace.

Ecco Grace, in forma più che smagliante

Quando ero nel Bel Paese, Grace era solita decantarmi questa frase, tutte le volte che avevo un problema nel relazionarmi con qualcuno all'interno di un gruppo. Questo assioma si è rivelato spesso utile, e mi ha fatto comprendere molte cose.

I colleghi, i coinquilini, i parrucchieri, le donne che portano il velo; quelli che vanno nella stessa palestra, i gay, le lesbiche, gli italiani all'estero. Le persone che appartengono ad un sottoinsieme dello spazio "specie umana" non devono essere per forza amiche tra loro. Quindi grazie a questo assioma posso dire di no all'amicizia di persone che ancora prima di dirti come si chiamano iniziano a vantarsi, chissà poi di cosa. Posso anche dire di no al dover rivedere persone che si sono lamentate per tutto il tempo dell'essere venute qua, quasi col fare di chi ti vuole insegnare a vivere. Posso insomma, scegliere con chi, tra quelli che appartengono ai miei sottoinsiemi, trascorrere il mio tempo; sulle note di un pianoforte suonato da uno alle prime armi. Infine, la cosa bellissima è che questo assioma vale per tutti.

Ebbene sì, vale anche per la ragazza che appartiene a uno dei miei sottoinsiemi, e tutte le volte che la vedo nel campus non contraccambia il mio saluto. D'altronde, i neri non devono essere per forza amici tra loro. Grazie Grace.

mercoledì 10 ottobre 2012

La profezia della professoressa di Rossana

On air: Atomic,
She
[Lain Trzaska (she) Creates stories with Sounds and Images. Each album features a Character set in a world where the listener decides the outcome of events played out in the music. http://www.shemusic.org/]

Oggi ho fatto la mia prima simulazione dell'esame di Signal Theory. Cinque ore, cinque problemi. Carta, formule e pazienza. Tanta. Ad un certo punto dovevo calcolare il valor medio di un processo, e mi si è manifestato satana (espressione tipicamente utilizzata da Comfort_noise per esprimere il verificarsi di risultati matematici poco gradevoli, come ad esempio E{Y(n)}=117/73, ndr).

Ricontrollo meglio, ma niente. Una pagina di conti orribili, ma senza errori. Torno alla pagina precedente, e mi rendo conto che avevo sostituito nella formula un dato sbagliato. Avevo quindi riempito una pagina di calcoli inutili, perdendo almeno mezz'ora.

Ero in un'aula al KTH, dove per motivi di risparmio energetico le luci si accendevano e spegnevano in continuazione, un po' come in una gabbia di galline costrette a fare più uova possibile. In quel momento ho avuto una visione. Ho alzato gli occhi verso il lucernario, e ho visto lei.

La professoressa di Rossana
Ho visto la mia professoressa di matematica della prima superiore, che per motivi di somiglianza e privacy verrà rappresentata dalla professoressa di Rossana. Era una vecchietta arzilla che non vedeva l'ora di andare in vacanza, e tutte le volte che la fissavo dal mio banchino la immaginavo con al collo una collana floreale e i piedi seppelliti sotto la sabbia. A distanza di anni ho sentito di nuovo le parole che mi disse l'ultima volta che mi interrogò:

"Suvvia Comfort_noise, le cose le sai.
È solo che perdi un po' i pezzi per strada"


martedì 2 ottobre 2012

Magnifiche storie.

On air: We own the sky,
M83

Stasera ho visto magnifiche storie, storie a volte intrise di narcisismo; pesante narcisismo. Però ogni tanto bisogna amare se stessi; per i traguardi raggiunti, nello sfidare se stessi.

Stasera ho visto magnifiche storie, storie piene di coraggio. Tutto quel coraggio che serve per vivere in tre dimensioni chi si è; quando l'ambiente che ci circonda, che ormai si è insidiato nel nostro cervello, è l'antitesi di ciò che si è.

Stasera ho visto magnifiche storie, storie che vorrei diventassero la mia.

Picture by Wang Zi

domenica 30 settembre 2012

Quell'estate.

Stamattina mi sono svegliato con quel sapore, in bocca e in testa. Quel sapore di quell'estate. Quell'estate in cui, pur rimanendo sempre nello stesso posto, e vedendo le stesse persone, tutto era diventato nuovo per me. Era come ricominciare da zero. La paura, ma soprattutto l'eccitazione, mi assaliva; e non riuscivo mai a fermarmi. Era l'estate del 2006, e niente sarebbe stato più come lo conoscevo. Una verità, che serpeggiava da anni dentro di me, era venuta fuori. È stata l'ultima volta in cui ho dato una netta svolta alla mia vita.

Sei anni dopo, provo di nuovo la stessa sensazione. Ancora mi meraviglio di come io faccia a trovarmi qui. Come abbia fatto la mia mente a concepire questo pensiero, questo desiderio. Era ignoto allora, e lo è tutt'oggi. Però è proprio questo che mi fa sentire vivo, perciò non posso fare altro che ringraziarla.

martedì 25 settembre 2012

Dedicato a chi ho lasciato nel Bel Paese.


On air:  Somewhere,
Scissor Sisters

A volte vorrei farvi vedere quello che i miei occhi, a tratti, vedono. Vorrei portarvi in quel mondo in cui ci si emoziona per cose banali, come la tunnelbana che sfreccia sull'acqua, o i neon della stazione di Slussen. La quasi ormai giornaliera visione dei cervi nella foresta - e non sto parlando del mio sobrio orecchino. La vista di un papà che spinge il tipico passeggino da trekking. Quel mondo in cui la possibilità di avvicinarsi tangibilmente ai propri sogni, al punto di poterli sfiorare, o forse addirittura anche afferrare, si prospetta davanti a noi.
La distanza dal mio ritorno per le vacanze sta iniziando a farsi sentire, e sto cercando di vivere a fondo tutto questo; per non pensare che sento la vostra mancanza.

mercoledì 19 settembre 2012

Ci sono dei giorni.


Laleh

Ci sono dei giorni in cui il tuo cervello cerca di interpretare le parole delle persone che parlano svedese come se fossero italiane. Riesce a ricostruire intere frasi di senso compiuto. Però non c'è correlazione tra il loro significato e quello che gli autoctoni in questione intendevano esprimere.

Ci sono dei giorni in cui esci di casa e ti sembra di incontrare ovunque persone che hai lasciato nello Stivale. Ti avvicini così tanto a loro che arrivi quasi ad abbracciarle, e poi ti rendi conto che era una tua costruzione mentale, e che loro non possono essere qui perché non sei più nel tanto amato e allo stesso tempo odiato Bel Paese.

Ci sono dei giorni in cui per degli attimi vivi un'allucinazione in cui non hai mai lasciato casa, e poi di botto torni alla realtà; oggi è uno di quelli.

sabato 15 settembre 2012

Hai preso l'autobus?


On air: Together,
Patrick Wolf

Slussen è una zona di Södermalm con una grande stazione degli autobus. Ha un certo fascino secondo me. Dei neon colorati formano degli schizzi su un muro, e illuminano l'asfalto ormai deformato dai pesanti autobus a fisarmonica - o almeno è così che io li chiamo. Una volta arrivati si possono notare per ogni piattaforma gli schermi che indicano tra quanto arriverà l'autobus a quella fermata. A volte capita di dover correre per poter prendere l'autobus che parte dalla piattaforma P, una delle più lontane dall'uscita della tunnelbana. Oggi dovevo andare a prendere l'autobus proprio da quella piattaforma, e osservando lo schermo ho notato che avevo ancora un minuto.

Inizio a correre. Vedo da lontano sul display apparire la scritta "nu", che significa ora. La porta si chiude, poi si apre di nuovo. Forse mi ha visto, e pensa che voglio salire. Faccio un ultimo sforzo, per quanto mi costi, visto come sono fatto.

La porta si chiude di nuovo e l'autobus parte. Questa volta ce la potevo fare, ma l'ho proprio perso. Vorrei poter promettere a me stesso che non succederà di nuovo, ma non credo sia possibile.

I neon della stazione di Slussen
La corsa verso la piattaforma P

domenica 9 settembre 2012

La Svezia e i Maya.

On air: Supernature,
Inkubus Sukkubus

Ogni tanto mi torna in mente la ormai famosa profezia Maya, ovvero quella secondo la quale il 21 dicembre prossimo accadrà un evento di proporzioni planetarie. La maggior parte degli abitanti di questo pianeta decreta che avverrà la fine del mondo. Io non mi intendo molto di queste cose ma una persona a me molto cara ha una certa esperienza nel campo. Il link posto qua sopra fa riferimento a momenti passati con questo guru che ricordo con un po' di nostalgia. Ad ogni modo, T., così verrà chiamato l'esperto nel settore, sostiene che forse la profezia non è da prendere alla lettera. Magari si tratta della fine del mondo come noi lo abbiamo conosciuto finora.

Vi starete chiedendo cosa c'entra tutto questo con la Svezia. Beh, devo dire che per me un po' c'entra. Io non so cosa succederà il 21 di dicembre, però mi piace prenderlo, per gioco, come punto di riferimento per fare a me stesso, e a quelli che mi stanno intorno, una domanda.

Se tu sapessi che la fine del mondo fosse imminente cosa faresti?

Mi sono posto di nuovo questa domanda proprio oggi, ad un mese dal mio arrivo in Svezia. Durante questi 30 giorni sono successe tantissime cose. Forse sarà che vivo in un mondo tutto mio, ma credo di aver visto e provato alcune delle cose più belle di tutta la mia vita. Forse sarà che vedo il mio rientro nel periodo natalizio come non troppo lontano, ma credo che qua le giornate volino.

Forse sarà che ho fatto talmente tanti sacrifici per poter trovarmi qua ora, che se sapessi che stesse per finire il mondo continuerei a fare le stesse cose che sto facendo ora.



mercoledì 5 settembre 2012

Ti dedico una canzone.

La dedico proprio a te. A te che continui a bestemmiare nella tua lingua, mentre stiamo facendo il tutorial. A te che fai l'aria spallata tutte le volte che ti viene chiesto qualcosa. A te che quando hai la possibilità di andartene lo fai, nonostante ci sia qualcuno che può avere bisogno di aiuto. A te che improvvisamente ti avvicini, ma solo perché ne puoi trarre profitto.



symmetry
you must work in symmetry
you must earn their empathy

sabato 1 settembre 2012

I cracker svedesi e Anna Frank.

Cari lettori e lettrici, ho un nuovo consiglio per gli acquisti: i buonissimi cracker svedesi. Si chiamano knäckebröd (sì, rientra nella categoria delle parole per me ad oggi impronunciabili). Hanno solamente due piccoli difetti. Prima di tutto, una volta iniziato a mangiarli, non si riesce più a smettere.

Il secondo difetto l'ho scoperto mentre li stavo divorando oggi, nel cortile del campus principale del KTH, e dei ragazzi accanto a me stavano dormendo sull'erba.
Ma voglio lasciare che un video parli per me.



giovedì 30 agosto 2012

Comfort noise vs la lavatrice fotonica: il primo scontro

On air:   My favourite game,
The Cardigans

Oggi è il giorno della lavatrice. Finalmente arriva il giorno in cui lavo i miei vestiti per la prima volta. Non è colpa della mia solita pigrizia eh! La lavatrice deve essere prenotata in anticipo!
Ma torniamo a parlare di questo oscuro nemico. Trattasi di una lavatrice industriale piena zeppa di tasti, lucine, ma soprattutto, scritte svedesi.

Mi avvicino per valutare la situazione, e scatta la battaglia.

Comfort noise, che è abituato alla lavatrice mono-tasto e quindi mono-funzione, è stordito.

Comfort noise usa dizionario svedese-italiano Zanichelli - quello che costava meno di tutti su amazon, per capirci. Cerca la parola förtvätt, ma l'unica parola che trova descrive perfettamente il suo stato. Si tratta di förtvivläd, e significa disperato. Allora procede cercando huvudtvätt e scopre che la radice huvud significa testa. Un po' per deduzione un po' fantasiosa, un po' per sfinimento, inserisce proprio lì il detersivo.

Il nemico si mangia quindi detersivo e vestiti dell'eroe. Il coraggioso eroe sa che potrebbe non rivedere mai più i suoi vestiti e dover andare a lezione in mutande - tutti i giorni con lo stesso paio,  per giunta - ma li lascia andare con orgoglio.

Dopo esattamente 37 minuti, il nemico cede, e rilascia i vestiti puliti, o almeno così sembrano, al nostro eroe, che non ancora canta vittoria. Ebbene sì, ora deve affrontare i sistemi svedesi di asciugatura: l'armadio e la centrifuga. Mentre per il primo è semplice, perché ha delle istruzioni in perfetto stile IKEA, ovvero senza parole, per il secondo Comfort noise si trova di nuovo stordito da bottoni e scritte svedesi. Grazie al dizionario Zanichelli, che stranamente si rivela utile, riesce a capire qual'è il programma per i lenzuoli.

Dopo altri 45 minuti il nostro eroe abbandona vittorioso il campo di battaglia, non accorgendosi però che sta lasciando dietro di sé una scia di sapone in polvere, perché non ha tenuto conto di quel microscopico buchino nella scatola. Ma sono danni collaterali tollerabili, tutto sommato.

PS: i The Cardigans sono svedesi. Spero di non essere l'unico ad averlo scoperto giusto pochi giorni fa.

lunedì 27 agosto 2012

Il primo giorno di scuola

Oggi era il primo giorno di lezione. Tra I pipponi esistenziali che mi sono fatto tutto il giorno sulle materie da seguire, signal theory e digital communications, mi è tornata in mente la foto che mia madre mi scattò il primo giorno delle scuole elementari.
Indossavo il grembiule, e sorridevo, mantenendo la posa affascinante del valoroso guerriero - solo chi si diletta in cartoni impegnativi come guru guru può capirmi. La mia uniforme era nera, e aveva sopra la stampa di un cane che gioca a hockey.


Di acqua sotto i ponti ne è passata - oggi mi sono fatto una ragione del fatto che i cani non possono giocare a hockey. Ma mi sono trovato per l'ennesima volta di fronte ad un inizio. La sensazione è stata veramente strana. Un misto di ansia ed eccitazione mi ha travolto. Alcuni aspetti dell'università mi fanno chiedere se sarò all'altezza, ma allo stesso tempo sono esaltato per la qualità e l'apertura mentale dell'insegnamento che si può ricevere in una scuola come il Royal Institute of Technology.


All'uscita dalle lezioni il sole era ancora alto in cielo. Ho fatto una lunga passeggiata nel campus, e mi sono spesso fermato a fissare i vari palazzi.
Che io sia all'altezza o no, sono dove vorrei essere.




sabato 25 agosto 2012

Ricomincio da qui. E non c'entra con Alda D'Eusanio

Malika Ayane

Ricomincio da qui
Da un'effimera illusione...


Sebbene io non apprezzi molto Malika Ayane, e le sue parole in ricomincio da qui riguardino un contesto amoroso, mi ritrovo spesso a ripetermele quando penso agli inizi, e ai sogni associati ad essi. Tanto per citarne uno a caso, il sogno di avere una bella esperienza qua in iSvezia. La voglia di non soccombere alla vista della montagna di saggi e progetti che dovrò consegnare. Il desiderio di non farsi sopraffare dalla competizione. L'idillio dell'integrazione con questa società.
La canto proprio qui nella mia testa, mentre mi trovo nel parco dove ho accolto e poi detto arrivederci a quella parte dello stivale che aveva deciso di fare il tifo per me di persona, durante i primi giorni.




Me ne accorgo così 
Da un sospiro a colazione 
Non mi piace sia tu 
Il centro di me 
Niente mi porterò 
Solo vento tra le mani 
Più leggera sarò 
Sospesa 
Sorriderò prima di andare 
Basterà un soffio e sparirò 
Forse sarà pericoloso 
Forse sarà la libertà 
Mi guarderai e vedrai una 
Eppure non sarò sola 
Una novità sarà 
E mi porterà 
A non fermarmi mai 
Non voltarmi mai 
Non pentirmi mai 
Solo il cielo avrò sopra di me 
Solo il cielo avrò sopra di me 
Ricomincio da qui 
Da un'effimera illusione 
Mi risveglio e ci sei 
Ancora tu 
Qui 

mercoledì 22 agosto 2012

Programme information meeting @ KTH

The Knife

Sono in uno degli edifici dove passerò i prossimi due anni della mia vita.

Non è stato facile arrivare. Il campus è immenso, e mi sono perso almeno 3 volte. Almeno posso dire di essermi perso con classe, ovvero facendo finta sapere esattamente dove stavo andando. In questo modo nessuno ha pensato che sono uno smutandato di primo pelo - come dice sempre un caro amico. Tutt'al più avranno pensato che sono pazzo. In quel caso non sarebbero andati troppo lontano dalla realtà.

È appena terminato il programme information meeting. Siamo in 25 circa, e quasi la metà di noi viene dalla Cina. I professori hanno subito voluto mettere in chiaro che sarà abbastanza dura. Proveranno in tutti i modi a spremerci come limoni, o almeno ci daranno la possibilità di farci spremere come dei limoni. Seminari ai quali sono invitati esperti interazionali della tecnologia tutti i mesi. Due soli appelli l'anno per ogni materia. La possibilità di dare alcuni degli esami che danno i dottorandi. Questi esami sono stati definiti "demanding", ma per fortuna non sono obbligatori.

Per ora l'ansia non mi ha ancora sopraffatto, anzi, sono curioso di vedere come andrà a finire.

Che le lezioni abbiano inizio!

lunedì 20 agosto 2012

La pazienza fatta personnummer

Proprio in questo momento mi trovo davanti alla  S:ta Clara Kyrka.
Vi starete chiedendo che ci faccio qui. Beh, qui accanto c'è lo Skatteverket, ufficio che dispensa i famigerati  personnummer. Il personnummer è una sorta di codice fiscale, senza il quale si è molto limitati in Svezia. Servizi come aprire un conto in banca o noleggiare un dvd possono risultare difficili, se non impossibili, se non si dispone di questo codice. È composto da 10 cifre, e le prime 6 di questo sono la data di nascita del richiedente, nel formato YYMMDD, che poi è il formato con cui si scrivono tutte le date in Svezia. Mentre le cifre dalla settima alla nona consistono in un numero seriale, la decima cifra è stata introdotta negli anni sessanta, ed è una sorta di checksum.

 E come mai mi trovo fuori? È qui che si spiega il motivo dell'odissea che sto vivendo. La coda è talmente lunga che ci sono degli schermi a led relativi a chi servono al momento  anche fuori dall'edificio. Inoltre dovrebbe esistere anche una specie di servizio per il quale si associa il proprio nunero di cellulare al bigliettino ritirato, e si viene ricontattati a tempo debito. O almeno questo è quello che mi sono immaginato osservando tutta quella sbobbata di parole a me ignote. Ma ora vi devo salutare, è finalmente arrivato il mio turno.

sabato 18 agosto 2012

Lezioni sugli sugli svedesi da una svedese

Quindi lei mi sta dicendo che gli svedesi si fanno guardare dagli sconosciuti solo per un breve frangente, dopo il quale iniziano a pensare di essere vittime di stalking? Capisco...Quindi non devo guardare nessuno negli occhi, e se qualcuno che sto osservando se ne accorge devo guardare da un'altra parte. Prendo nota.

E per quanto riguarda il fatto che ogni tanto qualcuno si allontana da me, per poi rimanere nello stesso posto? Davvero sono spaventati perché invado il loro spazio personale? Eppure avrei giurato di non averlo invaso. Come? Sarebbe meglio non avvicinarsi come facevo di solito in Italia? Comprendo, e continuo a prendere nota.


venerdì 10 agosto 2012

Pilgrim sailed the seas... - attraccaggio effettuato

La luce bianca accecante, il freddo nell'aria, il freddo e il caldo nelle persone. Le nuvole, la tecnologia, la lingua dal suono strano. Le kottbullar surgelate, il macinapepe futuristico con accelerometro, il pepe sparso ovunque. La gentilezza di chi ospita, le chiacchierate in inglese, la bambina che mi ha chiesto come mi chiamo in svedese (vad heter du?). Le difficoltà nel parlare lo svedese, l'inglese, il politically correctese. Il dispositivo anti-taccheggio che suona ovunque io vada col mio zaino, il momento in cui questo diventa motivo di socializzazione, la guida per la prima volta al supermercato. L'olio schifoso, il togliersi le scarpe quando si entra in casa, le choklad bollar.

Altra frase dal booklet dell'album "Voyage". Se non sai cos'è clicca  qui.

lunedì 6 agosto 2012

Mi concede un ultimo ballo?

Robyn feat. Christian Falk

Proprio oggi pomeriggio stavo ripensando al ballo. Stavo pensando a come il mio zio, di cui abbiamo parlato qui per la prima volta, viveva questo momento di svago. Correvano gli anni cinquanta, e dopo una settimana di duro lavoro potersi concedere una serata di ballo era quasi un lusso. Per lui ogni dettaglio era fondamentale. Indossava il completo delle grandi occasioni, con tanto di camicia appena stirata. Rifiutava sempre la cravatta, la chiamava "il cappio al collo". Il tocco finale era l'orologio da polso. Poiché ne avevano solo uno, dal lunedì al venerdì l'orologio veniva indossato dal padre, mentre nel resto dei giorni poteva essere indossato dal figlio.

Ad oggi posso dire che tante cose sono diverse, come il fatto che ho un orologio tutto mio - e si tratta di un orologio binario, per giunta - ma quello che provo è la stessa sensazione. I preparativi vanno avanti con emozione, quasi esaltazione. Il fatto che tra soli tre giorni mi trasferirò in Svezia - o come dicono le persone d'altri tempi, compresi i miei zii, "in iSvezia" - mi fa sentire come se dovessi godere a pieno di tutto ciò che ho, e consumarlo a più non posso finché non mi spezzo. Come un voler succhiare una sorta di linfa vitale. Non ti vuoi fermare mai, perché non è mai abbastanza, ma soprattutto perché non sai quanto ti potrebbe mancare tutto questo un giorno.

Da alcuni giorni sono ormai state aperte le danze, e sto ballando più veloce che posso. Non importa quanto io senta la stanchezza, o quanto io dorma la notte. Forse è l'unica cosa che mi dà la sicurezza, e il coraggio di partire.

venerdì 3 agosto 2012

Nordisk ljud - sonorità nordiche: La storia di Robyn in 4 video

Come potevo non parlare di lei dopo aver ascoltato la sua musica per migliaia di ore? La bionda e svedese Robyn ha da sempre attribuito un tocco personale alle sue canzoni. Brilla in particolare per lo stile, la visione d'insieme, la scelta dei suoni (e di conseguenza anche degli artisti che collaborano con lei), i contenuti e l'efficacia finale del lavoro.

Anziché mostrarvi i suoi ultimi successi, poiché probabilmente li conoscerete già, mi piacerebbe raccontarvi gli attimi salienti della sua carriera con alcuni video.

Incominciamo con il suo esordio sulle scene come cantante R&B. È il 1997, e la sua musica spopola, soprattutto negli USA, con pezzi come "Show me love".


Dopo alcuni anni di successi, la sua musica inizia a prendere una piega più sintetica, e sfocia nell'electro-pop. Il pezzo che vediamo qua sotto è proprio quello che segna il cambiamento di rotta di Robyn. Si tratta di una collaborazione con i The Knife, grandioso gruppo svedese di cui parleremo sicuramente in futuro. Questo brano non viene apprezzato dalla Jive Records, pertanto Robyn decide di crearsi un'etichetta tutta sua, chiamata Konichiwa Records. Ecco a voi "Who's that girl".


Il primo album di Robyn sotto la Konichiwa Records si dimostra un grande successo. Qua sotto potete trovare un'esibizione live, con tanto di orchestra, della canzone che fa schizzare la cantautrice in vetta: "With every heartbeat" (per i più devoti a Robyn, consiglio anche la visione del video originale)


Tra successi e strepitose collaborazioni (Röyksopp, Christian Falk, I blame Coco - parleremo presto anche di loro) arriviamo ad oggi, con la pubblicazione della sua trilogia Body Talk. Sicuramente avrete sentito almeno una volta successi come "Dancing on my own", "Call your girlfriend" o "Hang with me". Riporto qua sotto l'esecuzione live di un brano poco noto al pubblico che mi piace molto. Ecco qua "Fembot", estratto da Body Talk pt.1.


La mia mini-biografia si conclude qua. Abbiamo visto i momenti salienti della carriera di un'artista svedese fuori dagli schemi. Ad oggi possiamo notare come facenti parte del suo stile l'abuso di vocoder, voci polifoniche programmate alla perfezione, suoni ricercati ma comunque piacevoli da ascoltare e una grande presenza scenica.

martedì 31 luglio 2012

Le parabole zen di zia Assunta: Alla ricerca del pollo perduto

Proprio oggi sono tornato per l'ennesima volta a pensare al problema di farsi capire all'estero. Sebbene un minimo di conoscenza di inglese sia sufficiente per poter sopravvivere in Svezia, in questi giorni ho iniziato a studiare un po' la lingua ufficiale. Ho comprato un corso che consiste in un libro e due cd per imparare lo svedese a partire dall'inglese (in italiano non credo che esista, a meno che non stiate cercando un semplice frasario). Quando sono in attesa del medico, in coda in posta, o anche semplicemente in treno mi ritrovo a ripetere sotto voce ciò che mi dice il mio lettore mp3, cercando di fare gli stessi strani versi che fanno i personaggi della storia del libro. Ogni tanto qualche anziana signora si gira sentendomi pronunciare sotto voce frasi come "Kan jag få en kall öl, tack!" (Potrei avere una birra fredda, per favore?) e pensa che io sia indemoniato o qualcosa del genere.

Inevitabilmente mi è tornata in mente una delle parabole zen di zia Assunta (se non sapete chi è cliccate qua). Lei era appena arrivata in Canada, non sapeva una parola della lingua del posto, e doveva fare la spesa.

Oh nini, quand'ero appena arrivata in Canada e dovevo fare la spesa, che casino! Andai al supermercato, ma non riuscivo a trovare il pollo. Giravo e giravo, ma un trovavo nulla! Ero dura come le pine verdi! Andai dal proprietario e ni dissi "voglio il pollo!", ma non mi capiva!

Alla fine un ne polevo più, allora incominciai a fare "chicchirichiiii" e agitare le braccia come le galline. Loro risero come dei matti, ma il pollo me lo diedero eh!

Zia Assunta che finalmente può mangiare il tanto agognato pollo

venerdì 27 luglio 2012

Comfort_noise versus Boss Artiglio - scontro finale

On air:

Arrivo al laboratorio dove lavori. Il laboratorio in cui ti trovi quando non sei in giro per uno dei tuoi importanti incarichi. Il laboratorio dove ti trovi quando non ti fai trovare al ricevimento studenti. Entro nell'edificio, e, senza curarmi della segretaria che continua a chiedermi chi sono e dove sto andando, raggiungo la tua stanza. Fisso in un attimo d'esitazione quella porta blindata, nella quale può entrare solo chi è un pezzo grosso come te, o chi ti lecca accuratamente i piedi. Busso con delicatezza. Dall'altra parte della porta arriva un infastidito "avanti". Apro la porta e spiego chi sono. Spiego con gentilezza come mi hai messo i bastoni tra le ruote. Come hai dimostrato di essere ignorante. Come hai dimostrato di essere chiuso di mente. Come sei stato intimidatorio. Come sei stato la ciliegina sulla torta di un anno di sofferenze nelle speranze. Ora ti chiederai cosa te ne importa, tanto tu sei già in alto. Siedi sulla poltrona di pelle e il tuo dito ormai raggrinzito continua a premere il touch-screen di iPhone, tablet o chissà quale altro aggeggio elettronico che ti hanno regalato solo perché pensano che sei importante. Alzando la voce ti dico che oggi sono venuto qui per farti sapere che non è per tutti una questione di quanti aggeggi elettronici possiedi, o quali incarichi lavorativi ricopri. Per fortuna. E per questi motivi, per me vali poco e nulla, e non è finita qui...

Poi il clacson di un'auto ha interrotto il mio vaneggiamento. Mi ero allontanato troppo dal marciapiede mentre stavo fissando il covo del malefico Boss Artiglio, dal lato opposto della strada.

lunedì 23 luglio 2012

Il mio primo incontro ravvicinato con il Royal Institute of Technology

The Sound of Arrows


Ricontrollo la mappa della Tunnelbana, cercando di non apparire agli altri come un turista sperso. Ok, ci sono. Devo prendere la linea rossa, e scendere alla fermata Tekniska högskola. Appena sento all'altoparlante il nome della fermata inizio ad agitarmi. Scendo con una fretta silenziosa e salgo sulle scale mobili. I dubbi e le emozioni mi assalgono. Finalmente vedrò di persona la scuola che ho sognato per un sacco di tempo. Ricordo che, quando visitai il suo sito internet due anni fa, pensai che non potevo neanche permettermi di prenderla in considerazione.
Proprio per questo motivo, inizialmente non volevo fare domanda al Royal Institute of Technology. Poi però, parlando con una persona a me molto cara cambiai idea. Mi disse: "Io ci proverei. Magari tanti studenti che, come te, pensano di non essere all'altezza non fanno domanda, e alla fine ti prendono". Un po' per scherzo ci provai, e questo è il risultato. Mi trovo a fissare di persona gli imponenti edifici dove trascorrerò i prossimi due anni, ed è un'emozione fortissima. Alcune foto a seguire.


La corte del Royal Institute of Technology ( borggården )
Scienza e arte (lo slogan dell'università), mentre KTH sta per Kungliga Tekniska Högskolan  (ovvero il nome della scuola in Svedese)


Un turista che ha tanto insistito per farsi fare una foto. Dice che andrà a studiare qua tra alcune settimane.
Per ulteriori informazioni: http://www.kth.se/en

venerdì 20 luglio 2012

Take me out tonight

On air: Take me outGarçon Garçon

Sono uscito. Eppure sento che c'è qualcosa che non va. Mi isolo dagli altri. Sento di non appartenere a nessuno dei due paesi. Non è che non voglio più stare con loro, è che ho degli strani pensieri. Mi rendo conto che è una cosa tutta mia, ma mi sento come se loro mi avessero già dimenticato. So che nella realtà non è così, ma questo è quello che la mia mente mi comunica. La paura di essere da solo. La paura della partenza solitaria per questa emozionante quanto spaventosa avventura.
Ho prenotato il biglietto di sola andata per tra circa due settimane, ma è come se non fossi già più qui. La mia mente vaga incontrollata, alcune migliaia di chilometri a nord. E cerca di immaginare cosa, ma soprattutto chi, incontrerò. Vaga alla ricerca di motivazione. Vaga alla ricerca di magnifici paesaggi. Vaga alla ricerca di calore umano.