venerdì 13 dicembre 2013

Da un albero a un altro.



Un sacco di cianfrusaglie colorate. Fiori veri e fiori finti. Un'invasione di cavalli di legno svedesi, quelli rossi per intenderci. Un Ciao (il motorino).
Sono sul terrazzo, e oggi c'è un bellissimo sole invernale. Mentre la luce viene filtrata dalle foglie dell'ulivo che cerca di sopravvivere all'inverno, penso al futuro. Le sfide che mi aspettano. Sia nel rapportarmi agli altri che con me stesso.

Ripenso a chi mi consigliava di esplorare nuovi lidi. Aveva ragione, così sono andato alla ricerca di un sogno modesto. Però la porta da cui bussa non è a Stoccolma. A dirla tutta, è a 1048 chilometri da qui.

Pacchi quasi pronti intorno a me. Mentre metto via quelle poche cose che porterò, rivedo l'ultimo anno e mezzo - inutile dirlo. Fiori, strani portafortuna cinesi e pietre islandesi passano dalle mie mani agli scatoloni. La mia visita in Svezia forse non è stata così temporanea, anche se la parola che mi fa sentire più a mio agio nel riferirmi a essa è proprio questa: visita.

Ripenso ad un bellissimo viaggio a Sala, qualche centinaia di chilometri a nord di Stoccolma. Una delle attività principali fu un percorso sugli alberi. In alcuni punti, per poter passare da un albero ad un altro, era necessario agganciare l'imbracatura ad un filo e lasciarsi penzolare tra un tronco e l'altro. Ora, io soffro di vertigini.

E ho le vertigini anche in questo periodo. Come feci allora a Sala, mi tengo stretto a tutto ciò che ho tra le mie mani, chiudo gli occhi; mi butto.

Ciao Stoccolma.
Benvenuta Berlino.

giovedì 21 novembre 2013

Un sogno modesto



tra data rates
e barbe incolte
un sogno modesto

arriva alla porta

bussando

un'altra primavera

da un altro paese


Si ringrazia Thomas per la canzone.

mercoledì 9 ottobre 2013

Un ragazzo socialmente costipato

Stavo ripensando - chissà perché poi quasi tutti i post di questo blog iniziano così - ad un incontro che ebbi con un ragazzo spagnolo che era appena arrivato qua. Ci incontrammo per una pausa caffè - che poi per me non era una vera pausa caffè, visto che ormai ho sviluppato una preoccupante dipendenza per il tè cinese. Ad ogni modo, dicevo, mi raccontò di quando per caso, girando per le stanze del KTH che richiedono codici e carte, si era ritrovato in un dipartimento a lui ignoto.

"Non sapevo se potevo stare lì, allora sono andato da una ragazza svedese che pranzava con dei suoi connazionali. Le ho chiesto informazioni e ci ho chiacchierato un po'".

Un evento normale,no? La mia faccia rimase pietrificata dallo stupore. Mi chiesi, dentro di me: "tu cosa?!? Sei andato ad attaccare bottone con una persona svedese?". Poi ripensai a me un anno fa: la novità, la voglia di socializzare, la voglia di integrarsi. Tutto ciò avrebbe avuto senso.

Tutto questo era nella mia testa oggi, intanto che ero a correre e attraversavo il ponte che collega Nacka e Boo. Una quantità impressionante di alberi dalle foglie rosse e gialle si mescolava alle casette di legno sugli scogli. Nonostante il paesaggio da quel ponte continui a lasciarmi senza fiato penso che stare un anno in Svezia mi abbia reso socialmente costipato.

giovedì 3 ottobre 2013

Lettere di motivazione

In questi giorni di vecchie e nuove lettere di motivazione ripenso alla kitsch torre Eiffel che luccica, e alle emozioni che ti consumano quando meno te l'aspetti. Anche mentre stanno cercando di venderti un qualche pezzo di metallo che dovrebbe vagamente ricordare ciò che dovrebbe rimanerti in mente di un paese.

Ripenso ai fuochi d'artificio sull'Overture di Tchaikovsky. Ripenso ai fuochi su un arco attraverso il quale ho osservato il futuro per un anno. I fuochi in una periferia che sembra di dimenticarsi di tutto, ma non del calore umano.

Proprio quello al quale pensi mentre fai il conto alla rovescia delle settimane che ti separano dalla nuova e ancor più complicata avventura, cercando di portare tutti gli ingranaggi in funzione alla massima potenza. Guai a perderne alcuni per strada, pena l'infelicità.

giovedì 26 settembre 2013

Il mio amico A parte per Torino

Un mio caro amico sta per iniziare una nuova avventura. Lo chiameremo Alfonso, a causa della grande simpatia che entrambi abbiamo per la canzone di Levante.

Tra un racconto e l'altro riguardanti metafore sulla vita, alcune delle quali hanno a che fare con urine ed escrementi, ho avuto modo di conoscerlo. Conoscere i suoi sogni e le sue speranze. Il più grande di questi -secondo me- è scrivere. Leggo spesso quello che produce. È ironico e pungente, e riesce a tirare fuori delle conclusioni serissime anche dalla cosa/evento/libro più superficiale che possa esistere. 

Alfonso è stato ammesso ad una tra le più prestigiose scuole italiane di scrittura, e tra poco si trasferirà a Torino. Così come a suo tempo lui fece per la mia partenza, vorrei fargli un augurio.

Il classico per il meglio è più che scontato e ovvio, pertanto vorrei aggiungere qualcos'altro a cui pensavo stamani quando ero a lezione di Wireless Networks. Un professore cinese dal taglio di capelli "a funghetto", come avrei detto da bambino, parlava di come eliminare le interferenze. Cercando suonare un po' spirituale nello spiegare i vantaggi della stima della qualità del canale di comunicazione, diceva che se abbiamo l'occasione di conoscere qualcosa allora non ne avremo paura. Inoltre, parlando della complessità e il costo di questa stima, diceva che conoscere qualcosa porta sempre a delle sofferenze.

Ad ogni modo -dicevo- gli auguro di mettersi in gioco, e di perdere tutte le convinzioni che aveva. Di soffrire e scoprire tanto  su se stesso; per poter arrivare sempre più vicino a fare ciò che lo fa sentire vivo. A prima vista sembra più una maledizione che un augurio, ma non è così, giuro!

In bocca al lupo Alfonso! 

lunedì 2 settembre 2013

La linea sottile

Camminando, nel tunnel che porta alla linea blu a T-Centralen. Sai bene in che direzione devi andare. Centinaia di persone sono lì con te. Sono davanti, dietro e accanto a te. La maggior parte di loro guarda il cellulare e chi non lo fa fissa in terra lo spazio che ha davanti. Tutti si muovono in silenzio. L'eco dei passi fa apparire l'ora di punta come un'invasione della città da parte di un esercito che sembra non sentire il bisogno di parlare, o di esprimere emozioni.

Camminano, a ritmo scandito da un orologio atomico. Camminano, come incastrati in un puzzle semovente. Camminano, sulla linea sottile tra il rispetto degli altri e il menefreghismo.

venerdì 9 agosto 2013

Un anno in Svezia - forza e coraggio

Un anno fa scrivevo "pilgrim sailed the seas | found a brave new world" su questo blog, nato per documentare la mia avventura. Se chiudo per un attimo gli occhi rivedo quel momento nitidamente. Le emozioni, le convinzioni, la curiosità. Tutto ciò che doveva ancora essere distrutto, per poi esser ricostruito, in maniera più coerente e stabile. Ma certi edifici antichi nella mente servono, anche se non è proprio la prima cosa alla quale si pensa mentre si osservano i loro resti. Servono per prendere il coraggio per navigare i mari e conoscere un impavido mondo nuovo, per l'appunto.

Ripensare a quel momento mi fa riflettere su chi ero un anno fa, cosa ho vissuto durante questi ultimi 365 giorni, e chi sono oggi. Le domande scomode, quei giorni e dove le regole della Svezia classica non valgono sono solo alcuni rapporti di avventure dal valore inestimabile. Le molteplici esperienze risiedono nella mia mente, da qualche parte. Sotto forma di immagini e sensazioni che rievoco grazie alla musica.

Quante cose ignoravo o davo per scontate, e chissà quante ignoro ancora! Spero comunque di essere sempre più vicino a diventare in un modo o nell'altro quel buffo e loquace individuo che è me tra un anno. Come direbbe una mia carissima amica, "forza e coraggio". La strada da fare è ancora tanta, ma ha anche tanto da darmi.

giovedì 1 agosto 2013

Le parabole zen di zia Assunta: il lavoro

Oggi ho iniziato a dare un'occhiata ad un progetto interessante al quale vorrei lavorare, e non ho potuto fare a meno di pensare alla zia Assunta. Per chi ha avuto la fortuna/sfortuna - sta a voi decidere - di non imbattersi in lei finora, ne ho parlato per la prima volta qui.

Una volta mi raccontò una delle sue parabole zen riguardo la sua prima esperienza di lavoro in Canada (trovate alcuni chiarimenti tra parentesi quadre).

Oh nini che ci vuoi fa', quando si lavora ci si deve da' da fa'! Quando ero in Canadà col tu' zio lavoravo in una scioppa [negozio] di scarpe gestita da dei giuiffi [ebrei], quelli ci san fa' con gli affari.


Zia Assunta che si prende un riposino dal suo lavoro coi giuiffi

Lavoravo come 'na matta, ma loro mi portavano così [porta il palmo della mano in alto, e lo rivolge al soffitto]Lavoravo e cantavo insieme ai polacchi, anche se ognuno cantava le su' canzoni.

Dopo che smisi di lavorarci e tornai in Italia il padrone mi disse che c'avevano messo tre donne a fa' il lavoro che facevo io!

Le altre parabole zen di zia Assunta:

La tazza di tè
Alla ricerca del pollo perduto
Pattinare sul ghiaccio

martedì 9 luglio 2013

Daltonismo, riot a stoccolma, domande scomode

Depeche Mode

Passando davanti ad un'edicola, durante le mie brevi vacanze in Italia, ho deciso di comprare l'Internazionale. Uno dei miei giornali preferiti. Dopo pochi minuti che lo stavo sfogliando sono rimasto colpito dalle parole di William Falk, dal settimanale "The week". Parlando di razzismo, si chiede: "Non sarebbe bello essere tutti daltonici?". Improvvisamente mi sono ricordato di una curiosa vicenda, avvenuta durante i riot nei quartieri di immigrati a Stoccolma (qua un'analisi molto interessante).

In quel periodo stavo lavorando ad un progetto. Tre gruppi di sette studenti dovevano sviluppare delle applicazioni Android. Io ero in uno di quei gruppi e condividevo un laboratorio al Royal Institute of Technology con gli altri colleghi. Là ci trovavamo tutti i giorni, a seconda degli impegni personali, per sviluppare i nostri progetti. Gli studenti che lavoravano nel laboratorio giornalmente erano di diverse nazionalità. C'erano anche un ragazzo e una ragazza svedesi.

Lei sedeva alla mia destra, un paio di posti più in là di me; lui era nel banco davanti al mio. Lei, pelle bianca latte e capelli biondi lunghi (abbiamo già parlato di lei qui); lui, pelle scura e capelli neri corti. Lei, svedese e abitante di Stoccolma da molte generazioni; lui, nato in Svezia da genitori provenienti da fuori dall'Europa.

Verso la metà della mattinata un collega cinese si avvicinò a me e mi chiese come mai c'erano stati dei riot durante la notte. Sia il ragazzo svedese del banco davanti che la ragazza svedese alla mia destra si girarono verso di me. Iniziarono a fissarmi, in attesa della risposta. L'atmosfera diventò difficilmente sostenibile, e quei tre secondi di silenzio sembrarono giorni. Così come un testimone in un processo, risposi usando il minor numero di parole possibile, in modo da cercare di non dare agli altri la possibilità di reagire.

"Un uomo portoghese è stato ucciso per sbaglio dalla polizia, e gli immigrati hanno colto questa occasione per manifestare il loro malcontento". Le parole uscirono rapide e sterili dalla mia bocca. Gli svedesi, dopo un attimo di riflessione, tornarono a fare le loro cose.

lunedì 24 giugno 2013

Ringraziamenti di mezza estate

On air: New map, M83

La frase che viene ripetuta più spesso dalle persone che ho intorno è: "sembra tutto un altro paese!". Con questa espressione ci si riferisce all'enorme differenza tra l'estate e l'inverno che abbiamo vissuto in Svezia. Buio e luce, sfioriture e fioriture, gente che viene e gente che va. Il culmine di tutto ciò è stato raggiunto durante il 21 di giugno, ovvero la festa di mezza estate (midsommar).


Durante questa lunghissima giornata ho avuto modo di assistere alle danze intorno al midsommarstång, sedere davanti ad un falò nei boschi, e stendermi sulla spiaggia a contemplare il chiarore che continua a persistere durante quelle due ore in cui il sole è ufficialmente sotto l'orizzonte.


Davanti a quel mare calmo che rifletteva la luce che occupava il cielo, i pensieri erano miliardi. Delle istantanee scorrevano velocemente nella mia mente. Visualizzavo ognuna di queste per una frazione di secondo, come se si succedessero ad un ritmo di rullo di tamburi continuo.


I luoghi in cui mi sono perso, i luoghi di cui mi sono innamorato; i problemi che mi hanno assillato, le cose belle che mi sono accadute. L'attrattiva e il ribrezzo che vedo e vivo tutti i giorni in questo paese.

Tutte le istantanee hanno però una caratteristica comune: nell'inquadratura una personalità è sempre presente. Italiana, francese o svedese; turca, rumena o cinese. È una persona che mi ha accompagnato, a volte inconsapevolmente, nel mio cammino. E gli/le sono veramente grato per questo.

lunedì 17 giugno 2013

La grinta



Stavo ripensando ad un articolo che ho letto. Una psicologa ha stabilito qual è il fattore più importante per il successo nella vita. Non il talento, né la bellezza, ma la grinta. La perseveranza nel portare avanti le battaglie, per cercare di realizzare la vita che si sogna. Quella alla quale si pensa quando, in un momento di ispirazione, ci astraiamo dal presente e vediamo in un lontano futuro.

Una cosa che non mi aspettavo, è che i sogni a volte uccidono. Provocano frustrazioni inimmaginabili, al punto di riportarci in quel passato dal quale ci eravamo proiettati nel futuro, e chiederci dove abbiamo sbagliato. Cos'è che ci ha portato a osare tanto, cosa ci ha portato a mettere a repentaglio la sicurezza in noi stessi.

Però niente è sbagliato in questo caso, perché quello che abbiamo scelto lo abbiamo scelto con la testa di chi sogna. E forse i sogni ad occhi aperti sono i fenomeni che arricchiscono di più la vita. Realizzarli fa andare lontanissimo, là dove non avremmo mai osato con la banale razionalità. Pongono delle grandi ed eccitanti sfide. Ma soprattutto, ci fanno conoscere ed ascoltare il nostro corpo e la nostra mente, nella speranza di raggiungere il momento in cui i nostri colori si confondono con quelli degli altri, impedendo di individuare eventuali bordi; guardiamo alle nostre spalle e ridiamo di come eravamo stupidi.

giovedì 30 maggio 2013

Night wind sent

Metti un autobus che si avventura nella notte, in una delle isole periferiche di Stoccolma. Metti il paesaggio inumidito dalla pioggerella pomeridiana. Metti i giochi di luce creati dalle riflessioni dell'acqua. Metti una cover di una canzone di Blondie, eseguita da Mina.

Tra una parola e l'altra i pensieri si affollano nella mente. La voce che entra nei padiglioni auricolari è unica. L'accento italiano della tigre di Cremona, a volte un po' pesante, rende l'esecuzione perfetta. Si annida tra una vocale e l'altra, e dà calore a chi lo ascolta. E il brano viene fuori diverso da come ci si aspetterebbe, ma non per questo non è bello.

A volte ci sono dei pregiudizi radicati talmente in profondità che impediscono alla mente una positiva valutazione di un'esecuzione. Impediscono di apprezzare quelli che, a prima vista possono essere considerati difetti, ma che in realtà danno il valore aggiunto che rende una cover unica; nonostante la grande sfida che ci si pone nel decidere di reinterpretare un pezzo.

lunedì 13 maggio 2013

Domenica, ciliegi e debug

Ciliegi in fiore a Kungsträdgården. Si ringrazia Giulia per la foto.

Stavamo camminando, mentre parlavi. Mentre tutto stava tornando in fiore, mi raccontavi di come quel viaggio ti aveva cambiata. Era buffo il modo con cui ti esprimevi in inglese: studiare ingegneria -in particolare quella che riguarda il settore dell'informazione- fa parlare di esseri umani come fossero macchine, e di problemi come se fossero bugs.

Poco dopo stavo fissando i ciliegi a Kungsträdgården ("il giardino reale", parco nel centro di Stoccolma), e mi venne in mente che ti capivo. A volte il codice sembra perfetto. Le sue linee vengono concepite dopo meticolosi studi simulazioni. Tutto sembra eccellente, finché non arrivi a premere il pulsante "Run". Sì, è quello con il triangolo disegnato sopra. Quello che ricorda tanto il tasto da me più visto in tutta la vita, data la mia grande passione per la musica.

Una volta schiacciato possono verificarsi degli errori di runtime. Questi errori non possono essere rilevati in fase di compilazione del codice. Ci possono volere delle ore, o addirittura dei giorni, per poter capire come fare a risolvere l'errore. In alcuni casi, non è possibile trovare una soluzione al problema, e si deve fare quello che non si vorrebbe mai fare: sostituire il dispositivo che si intende programmare.

giovedì 2 maggio 2013

Dove le regole della Svezia classica non valgono


I raggi di sole entrano dalla finestra. Tutto sembra leggero, etereo. Le condizioni ideali per far sì che si crei un microcosmo. Un volume di poche decine di metri cubi in cui le regole della Svezia classica non valgono. Uno spazio dominato da leggi proprie, in contrasto con quelle che spingono dall'esterno, per fare in modo di farlo implodere. Dalle macerie di un mondo che sembra non poter più offrire nulla, un vestito che provoca prurito una volta indossato, nasce uno spazio in cui i due paesi che ti hanno segnato di più ad oggi si fondono. E ti fanno sentire come in una casa fatta di quei vetri strani. Quelli che ti permettono di ricevere i raggi solari e vedere cosa c'è fuori, ma non permettono a chi guarda da fuori di capire cosa ci sia dentro. E ricordo che ho usato la parola casa.

Non so ancora dire con che frequenza queste condizioni ideali si verifichino, e quali siano i fattori maggiormente influenti. Ma fintanto che si verificano, ci si può sentire con entrambi i piedi per terra, tanto per citare un altro italiano all'estero.

venerdì 19 aprile 2013

Una birra con me tra un anno


Ci volle un sacco di tempo per trovarti, e gli sforzi non erano finiti lì. Dovevamo programmare quando vederci, e tu eri sempre pieno di impegni. Alla fine riuscimmo a fissare un appuntamento. Una volta arrivato davanti al bar italiano dove ci saremmo dovuti vedere per una semplice birra, iniziai ad agitarmi. Volevo sapere tutto di te, in modo da trovare delle risposte alle domande che mi assillavano tanto.

Seppur con qualche minuto di ritardo, arrivasti. Un grandissimo sorriso, e l'aspetto di uno che non ha il tempo di guardarsi allo specchio, da tanto che è impegnato. Una volta entrati, trovammo un piccolo spazio, in mezzo alla calca, dove poterci fermare a parlare. Continuavi a sfoderare acronimi in inglese, e raccontavi di come fosse eccitante quello che facevi. Sembravi quasi commosso quando parlavi di come non ti aspettavi che un'esperienza all'estero avrebbe cambiato così tanto la tua vita. Di come le tue convinzioni sul tuo futuro sarebbero state distrutte, e poi ricostruite in modo da essere più solide di prima. Ogni parola che usciva dalla tua bocca mi faceva sentire sempre più impaziente e curioso riguardo quello che avrei dovuto affrontare, e non riuscivo a smettere di fare domande.

Dopo circa una mezz'ora dicesti che non ti saresti potuto trattenere oltre, così mi salutasti e ti incamminasti verso la porta. Con il mio solito modo di fare, richiamai la tua attenzione alzando la voce. C'era una domanda che dovevo assolutamente farti. Ti chiesi se saresti rimasto in Svezia dopo esserti laureato. Con lo sguardo pieno di malizia, scoppiasti in una risata: "non te lo posso dire, è una sorpresa!".

venerdì 12 aprile 2013

Una cosa che ho sempre amato della Svezia

Se c'è una cosa che ho sempre amato della Svezia, è la natura. In qualsiasi stagione, offre uno spettacolo impagabile. Che sia coperta di neve, o trafitta dal sole, riesce a sempre a suggestionarti.

A volte, mentre si passeggia lungo un sentiero, è bello abbandonare il percorso per seguirne uno scelto da noi e basta.
A volte, mentre si impazzisce tra modelli e simulazioni che non funzionano, è bello abbandonare il caos, e andare a cercare conforto nella natura.

Proprio come fa una delle mie artiste svedesi preferite, Vanbot, nel suo ultimo video. Prende la metro, scende ad Hallonbergen (significa "la collina di lamponi", o qualcosa del genere) e poi via a correre su una pianura innevata con alcuni alberi spogli.

Vanbot
Se vi è piaciuto, potete supportare l'artista comprando il brano su iTunes oppure scaricare gratuitamente la traccia da qui.

domenica 7 aprile 2013

Consigli per gli acquisti: Hagaparken

Hagaparken è un parco settecentesco in cui si trovano diversi edifici reali. Devo ammettere che alcuni di questi edifici possono apparire un po' bizzarri però hanno un loro fascino. In queste foto potete vedere ciò che ha maggiormente catturato la mia attenzione: il tempio dell'eco (Ekotemplet) ed il padiglione cinese (Kinesiska paviljongen). Il primo compare, per alcuni istanti, nel video della bellissima Can't find entrance dei Those dancing days (gruppo musicale svedese).
Il tempio dell'eco


Il tempio dell'eco


Il padiglione cinese

Il padiglione cinese (notare il materiale del tetto: non vi ricorda i tetti degli edifici di Gamla Stan?)

lunedì 1 aprile 2013

Il secondo ritorno in Svezia



A volte vuoi scappare dalle cose che hai cercato per più di due anni. Perché come hai detto in precedenza, ti possono anche far star male.

 A volte ti viene in mente che a tutta quell'indifferenza e regalità forse non riuscirai ad abituarti, neanche tra cent'anni. È affascinante come le convinzioni ci portino molto lontano, per poi sbatterci in faccia una realtà che non sempre riusciamo a sopportare.

A volte vuoi scappare dalle cose che hai cercato per più di due anni. Nella speranza di ritornare ad avere a che fare con ciò che hai cercato; più consapevole del fatto che sia la tua strada.

giovedì 21 marzo 2013

La ragazza ABBA e ABBA goes metal

Oggi volevo parlare di una delle persone con cui ho avuto a che fare in questi ultimi mesi. Una bionda autoctona è nel mio master, e segue parecchi corsi con me. Lei è diversa dalle ragazze svedesi che si vedono un po' ovunque in tunnelbana il sabato sera. Loro indossano finte pellicce vistose e tacchi altissimi. Invece lei ha un aspetto semplice; pelle bianca latte, e qualche lentiggine. Visti il suo particolare aspetto e i soliti motivi di privacy, la chiameremo la ragazza ABBA, pensando ad Agnetha Fältskog.


Agnetha Åse Fältskog
Se ne sta sempre per i fatti suoi. Saluta gli altri giusto quando se li trova davanti alla faccia. Passa la pausa pranzo lavorando, per potersene andare prima. Ora, il destino ha voluto che fossimo messi nello stesso team di un corso di questo periodo. Il corso in questione consiste nel lavorare su un progetto molto impegnativo, tanto da meritare tutto il tempo di questo term. Sono curioso di scoprire che succederà. La ragazza ABBA si farà conoscere dai membri del team? Parlerà con loro della sua vita? Li saluterà?

Non esiste conclusione migliore a questo post di una canzone del famoso gruppo musicale in questione, però in chiave un po' particolare. Qui, la cantante non ha più le stesse sembianze di Agnetha, o della ragazza ABBA; però ha lo stesso taglio di capelli.

sabato 16 marzo 2013

La Svezia ti deve garbà - dialogo tra toscani


Ore nove e mezza di sera, in coda all'entrata di un club.

toscano 1: Boia certo fa freddo eh! Ma è così tutto l'invero?
toscano 2: Mah, meno diciotto lo fa pochi giorni l'anno, però spesso la temperatura è sotto zero.

toscano 1: Ah, ho capito. E come fai che qua costa tutto più caro?
toscano 2: Cerco di risparmiare un po' sulle cose che mi interessano di meno...

toscano 1: ...E l'alcol, che storia! Si può comprà solo in negozi specifici!
toscano 2: Esatto, quando ho una cena e devo comprare del vino mi organizzo in anticipo.

tostano 1: E poi...
toscano 2: Se ci vuoi stà, la Svezia ti deve garbà!


domenica 24 febbraio 2013

Il mio rapporto con Spotify in tre atti

Da pochi giorni sono venuto a conoscenza del fatto che ora Spotify è disponibile anche in Italia.

Per chi ancora non ne avesse sentito parlare, si tratta di un servizio di streaming musicale on demand, tramite il quale è possibile ascoltare più o meno la musica di tutto il mondo; o almeno quella che è stata registrata. È stato inventato da Daniel Ek, svedese classe 1983, alla tenera età di 23 anni.

ATTO I
Avevo già sentito parlare di Spotify, perciò lo scaricai appena arrivai qua. Immediatamente creò dipendenza. Poter ascoltare qualsiasi cosa mi faceva sentire potente. Le molteplici funzionalità mi facevano impazzire, e stavo ad usarlo ore ed ore.

ATTO II
Dopo circa una settimana, iniziarono ad arrivare le pubblicità; riservate agli utenti che non pagano l'abbonamento premium. Ogni circa 4 canzoni passavano un paio di messaggi in cui una voce squillante ti chiede se ti sei mai chiesto come sarebbe essere iscritto a Spotify premium, oppure qualche suggerimento musicale (se eri fortunato).

ATTO III
Ad oggi uso Spotify, ma con cautela. È un magnifico modo per scoprire nuovi artisti e combattere la pirateria, però - come direbbe un mio caro amico - quando sento un messaggio pubblicitario mi viene un po' la bocca storta.

Schematica illustrazione della mia interazione con Spotify durante la pubblicità
Link al sito internet di Spotify

domenica 17 febbraio 2013

Sei mesi in Svezia - non so suonare la chitarra.

Si dice che quando ci si vuole trasferire -più o meno definitivamente- in un posto, i primi mesi sembrino una vacanza.

Così come in una nuova relazione, c'è il periodo delle novità. Quel periodo in cui tutti gli aspetti dell'appena accalappiato partner, dai più appariscenti ai più reconditi, sembrano una grande ed interessante scoperta. Tutte queste parti vivono in armonia nel nostro cervello, e contribuiscono a creare una fantastica immagine di chi ci sta accanto.

Una volta passati alcuni mesi, diciamo sei, tutti questi aspetti del proprio partner iniziano a non sembrare più così armoniosi. Diciamo che alcuni ci infastidiscono, o ci fanno addirittura soffrire. Allora si inizia ad avere un'idea meno stereotipata e idealizzata di chi ci sta accanto. Ed è un po' come iniziare di nuovo. Questo non deve togliere la poesia che c'è stata finora, ma renderla più realistica.

In occasione di questi sei mesi trascorsi in Svezia, mi dedico di nuovo "Ricomincio da qui" di Malika Ayane, per gli stessi motivi per cui me l'ero dedicata la prima volta.
PS: non sono io a suonare così bene quella chitarra, purtroppo!


domenica 10 febbraio 2013

Le parabole zen di zia Assunta: Pattinare sul ghiaccio

Domenica scorsa ho preso la tunnelbana di prima mattina. Sì lo so, è un po' bizzarro, ma dovevo andare al KTH per finire un progetto di quelli che sembrano succhiarti via la linfa vitale. Una volta sul treno ho notato un sacco di persone con i pattini, non ai piedi ovviamente.

In questo periodo tutti vanno a pattinare sul ghiaccio. Un esempio è la bellissima gara Uppsala-Stoccolma, seguendo l'antica rotta vichinga.



Vi starete chiedendo cosa c'entri zia Assunta con tutto questo (se non sapete chi è cliccate qui). Proprio l'ultima volta che sono andato a trovarla, mi ha raccontato una nuova parabola.

Oh nini, com'è bello il ghiaccio. Quand'ero in Canadà io e il tu' zio s'andava sempre a pattinare sui laghi. Ma c'è da coprirsi bene eh! A uno che pattinava con noi li ghiacciò il pipi e dovettero portarlo via!

Le altre parabole zen di zia Assunta:
zia Assunta e la tazza di tè
zia Assunta alla ricerca del pollo perduto

giovedì 7 febbraio 2013

" Potresti donare il 10% al KTH " - ambizioni.


Donkeyboy feat. Oslo Soul Children - Ambitions (Live@Skavlan)
 

Qualche giorno fa ho parlato di uno dei nuovi corsi che sto seguendo. Tramite l'aiuto del professore gesticolante sono riuscito a definire il topic su cui farò ricerca.

Inoltre, da poco sono venuto a conoscenza dell'esistenza di un concorso per idee che si svolgerà a breve. Ci ho pensato un po', e ne ho buttata giù una. In questi giorni sto lavorando sui documenti necessari per esporla al concorso. Penso di non essermi mai preso così sul serio. Di giorno fisso il foglio con le deadline del concorso, e di notte mi alzo di sorpassalto perché voglio appuntare i dettagli che il mio cervello continua ad elaborare. Sebbene in non pochi momenti io pensi di stare facendo una cazzata, sono deciso ad andare fino in fondo.

Poiché la mia idea è inerente al topic che ho sviluppato grazie all'aiuto del professore, gli ho scritto una e-mail per avere il permesso di usarla.

Lui ha risposto: "sei completamente libero di utilizzare questa idea per la competizione. In caso diventi veramente di successo potresti donare il 10% del ricavato al KTH. Ti auguro un grande successo".

sabato 2 febbraio 2013

Le regole: la Svezia e l'alcol

Dopo aver raccolto alcuni consigli da svedesi purosangue, ho deciso di scrivere le regole riguardanti la Svezia e l'alcol, in perfetto stile "Internazionale".

1) A quanto pare, se ti vuoi sbronzare con stile devi dire "Hej då!"(arrivederci) guardando il drink, prima di berlo alla goccia.
2) L'alcol costa troppo nei locali, quindi si beve a casa in compagnia e poi si va a ballare.
3) Nei supermercati si possono comprare solo alcolici a bassa gradazione.
4) Ci vogliono almeno 15 birre light del supermercato per potersi ubriacare.
5) Mai andare al Systembolaget (catena di negozi gestita dal governo, unico posto dove si possono comprare gli alcolici) alle 14 di sabato (un'ora prima della chiusura, che dura fino al lunedì). Il panico totale.

martedì 29 gennaio 2013

Svedesi sudati che si sgolano.

Sono diverse settimane che sento una canzone svedese. In TV, per strada, al supermercato. Dopo aver visto una folla di svedesi sudati sgolarsi per cantarla nella pista schlager di una discoteca, ho deciso che dovevo scoprire titolo e artista.

Da lì sono passati alcuni giorni. Ho chiesto a tutti quelli che conoscevo, ma niente. Ho anche provato a canticchiare la canzone ignota alla mia padrona di casa, mentre le pagavo l'affitto.
Un giorno ero su spotify e per caso l'ho sentita durante la pubblicità, quindi mi sono buttato sulla playlist sponsorizzata e l'ho ascoltata tutta.

La cantante si chiama Petra Marklund, e l'avevo già sentita nominare per aver pubblicato alcune canzoni da discoteca sotto lo pseudonimo September.
Poiché ho finito i miei compiti del corso di svedese prima del dovuto, ho deciso di provare a tradurre questa canzone, scoprendo che il testo riguarda un polpettone d'amore.
Di seguito video, e mia interpretazione, Händerna mot himlen (Con le mani al cielo).


Tror du att du och jag kommer att ses igen?
Credi che tu ed io ci incontreremo nuovo?


Tror du att du och jag, har en framtid tillsammans?
Credi che tu ed io, abbiamo un futuro insieme?


Tror du att du och jag kommer att leva länge än?
Credi che tu ed io avremo ancora vita?

Det tror inte jag
Credo che non sia cosi'


Tror du att du och jag kommer att minnas den här kvällen?
Credi che tu ed io ricorderemo quella sera?


Tror du att du och jag kommer att drömma oss tillbaka?
Credi che tu ed io sogneremo di tornare com'eravamo?

Tror du att vi kommer leva lyckliga i alla våra dar'...
Credi che tu ed io vivremo le nostre vite felicemente..
...Även om vi aldrig mer ses?
...anche se non ci vedremo mai piu'?

Händerna upp i luften
Con le mani al cielo
Pannan mot baren, nu spränger vi taket
La faccia davanti alle sbarre, facciamo saltare in aria i tetti
Hamnar i himlen, där änglarna gråter
Atterro in paradiso, gli angeli piangono
Stan är vaken, allt är förlåtet älskling!
La citta' e' sveglia, tutto e' perdonato mio caro!

Händerna upp i luften
Con le mani al cielo
Vi ska bli fulla, livet är meningslöst
Ci ubriacheremo, la vita e' senza senso.
Vem bryr sig?
Chi se ne importa?
Natten är vacker, du är som natten.
La notte e' bellissima, e tu sei come la notte
Och jag är en vinnare igen
e io sono vincitrice ancora

Tror du att du och jag kommer att vinna det här racet?
Credi che tu e io vinceremo questa sfida?

Tror du att du och jag har en chans mot alla andra?
Credi che tu e io abbiamo delle chances sugli altri?

Jag önskar att jag kunde gå på någonting mer än bara känslan,
Vorrei poter puntare qualcosa di piu' del sentimento...
av att allt redan är försent
...che tutto sia gia' sparito

...

martedì 22 gennaio 2013

Tu, che indossavi il microfono ad archetto e ti esibivi.

Tu, che indossavi il microfono ad archetto, e ti esibivi. Settimana dopo settimana, era come una tournée che non finisce mai. Ti ascoltavo almeno dieci ore a settimana, se non di più. È bello che tu abbia deciso di dare a noi la possibilità di poter scaricare le tue esibizioni, noi che ancora non abbiamo un orecchio sopraffino. 

Sto parlando del mio professore di reti di telecomunicazioni della laurea triennale. Un uomo un po' paffuto che non è mai a corto di parole. Entrava in classe, montava il tablet, posizionava il microfono e da lì iniziava la registrazione. Attenzione, come tutte le le star di un certo calibro, aveva un microfono ad archetto, in modo da poter gesticolare mentre lanciava imprecazioni riguardo il fatto che la rete del futuro deve unificare i servizi, e che tutti se lo devono mettere in testa.

Da pochi giorni ho iniziato un nuovo corso, Wireless and mobile network architectures, un corso che mi incuriosisce molto. Prima di tutto, ha un taglio molto diverso da quello dei corsi che ho avuto finora. In dieci ore intensive di lezione vengono coperti tutti gli argomenti, e poi ogni studente deve fare ricerca ed eventuali simulazioni riguardo un certo topic da lui stabilito; infine deve scrivere, presentare e discutere un articolo scientifico. Secondariamente, il responsabile del corso ricorda molto il professore affetto da febbre da palcoscenico. Purtroppo il suo alter ego svedese non porta il microfono ad archetto, ma è un signore paffutello che gesticola allo stesso modo.

Mentre quello italiano di indica la linea dedicata mimando la stesura di un cavo, quello svedese indica l'handover facendo finta di tenere un laptop in mano e spostandosi da una parte all'altra del palchetto dell'aula gradinata; e condisce il tutto aggiungendo un dialogo ipotetico con gli access point, che si trovano ai lati della stanza.

(continua...)

mercoledì 16 gennaio 2013

A camminare sulle acque con gli svedesi.

Sì, lo so. È un titolo dal gusto discutibile.

Da quando sono tornato in Isvezia, vado spesso fuori a correre, per cercare di assorbire un po' di luce. Ne ho bisogno, visto che forse mi ero un po' abituato a quella italiana. Ieri sono andato verso un lago vicino casa, ed erano meno quattro gradi. La superficie del lago era ghiacciata, e questo è "abbastanza banale signori" (come diceva sempre il mio professore di algebra lineare, gettando una smorfia di disapprovazione verso la folla stupita). La cosa non scontata invece è che gli svedesi, con grande nonchalance, correvano e pattinavano sul ghiaccio.


Una coltre spessa di neve si poggiava sulla superficie gelata, ma qualcuno ne aveva spazzata via un po' per creare una via d'entrata, là dove qualche mese fa c'era una piccola spiaggia, e un percorso circolare che si estende per tutto il lago.



domenica 6 gennaio 2013

Voglio tenere la tua mano - la Svezia e i Beatles?!?

Oggi sono stato ad un concerto di una cover band dei Beatles. A dire la verità ho sempre ignorato questo gruppo, ma solo perché tutte le volte che mi ributto nei '60 ascolto altri artisti, come Mina o Battisti. Ad ogni modo, il concerto è stato bellissimo, e mi ha fatto tornare in mente un sacco di ricordi.

Molti di quei ricordi riguardano una serata passata in un porto svedese. Una serata passata sotto la neve e le luci di natale. Una serata fatta di accenti strani, e meno quattro gradi nell'aria.

So che sembra assurdo, ma l'ultima volta in cui avevo sentito parlare dei Beatles era durante il mio primo viaggio in Svezia. Una sera ero nella stanza dell'ostello, e in TV c'era una di quelle commedie americane non-troppo-impegnate-ma-che-vanno-sempre-giù-bene. Ad un certo punto del film, un ragazzo, preso dalla disperazione, chiedeva aiuto ad un amico. Il problema riguardava l'amore, come sempre. Il ragazzo disperato si era preso una cotta, e voleva dichiararsi. L'amico, con grande sicurezza gli disse: "devi essere di classe. Devi farle capire che non vuoi solo sesso. Prendi esempio dagli immortali Beatles, e dille che vuoi tenerle la mano."

Preso da tutti questi ricordi, decido di dedicarti questa canzone.
Forse non hai capito chi sono, io voglio tenere la tua mano.

mercoledì 2 gennaio 2013

Comfort noise e la storia del pandoro triste

On air: Jag kommer - Veronica Maggio
(anche io stento a crederci, ma questa cantante è svedese!)

Era il quindici dicembre duemiladodici, le dieci di mattina. Stavo passeggiando per le strade del centro città, in cerca di un regalo adatto per cercare di mostrare un po' di gratitudine per gli sforzi culinari del mio amico d'oriente. Volendomi far conoscere il suo paese e le relative tradizioni, mi aveva invitato ad una tipica cena cinese.

Giravo per un mercatino al coperto a Sergels Torg, quando mi imbattei in uno stand italiano. I proprietari erano una classica coppietta che avrei potuto vedere in una tipica trattoria italiana un po' rozza, ma dove si mangia tanto e bene.

Una foto di Sergels Torg (da Wikipedia)

Folgorato alla vista di un pandoro, mi avvicinai. Era il secondo pandoro che vedevo a Stoccolma. La coppietta iniziò a parlarmi, e, siccome io spiegai che non so parlare molto bene svedese ("Jag talar inte svenska så bra"), l'uomo mi chiese da dove venissi.

Una volta nominato il Bel Paese, lui disse:
"Ma allora possiamo parlare italiano!"
Mi spiegò che loro sono campani, e rispose alle mie domande sul pandoro.
"Ho quello da 100 gr. e quello normale. Eh, ma se compri quello piccolo, lo inzuppi nel latte una mattina a colazione ed è già finito!"
Io, ormai senza pudore a causa dei prezzi della bellissima Stoccolma, risposi:
"Eh sì, però peccato che quello da 100 gr. costi quanto un pandoro normale in Italia".

Alla fine presi il pandoro piccolo, sperando che gli orientali non si sarebbero mai accorti di quanto sia triste quel formato.